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Rivalsa successiva - Esclusione della detrazione per il cedente - Infruttuosità della procedura

Ai fini Iva, la rivalsa consente al soggetto passivo cedente o prestatore di recuperare l’Iva relativa all'operazione imponibile effettuata, che deve essere versata all'Erario, nei confronti del proprio acquirente. I

In tal modo il cedente o prestatore è, al contempo, debitore verso lo Stato e creditore verso il proprio cliente (art. 18, co. 1, D.P.R. n. 633/1972).

Le caratteristiche della rivalsa sono:

  • l’obbligatorietà; il fornitore è obbligato ad addebitare l’Iva all'acquirente ed è nullo ogni patto contrario,
  • l’autonomia rispetto all'operazione assoggettata all'imposta,
  • l’insorgenza all'atto della fatturazione dell’operazione.

L’IVA addebitata in rivalsa (art. 60, co. 7, D.P.R. n. 633/1972) e non pagata dal cessionario successivamente fallito non può essere recuperata attraverso il meccanismo della nota di variazione (art. 26, co. 2, D.P.R. n. 633/1972), in seguito all'infruttuosità della procedura fallimentare.

La rivalsa successiva, infatti, ha natura di istituto privatistico, inerendo non al rapporto tributario, ma ai rapporti interni fra i contribuenti.

La natura della rivalsa successiva implica che, in caso di mancato pagamento da parte del cessionario, il cedente può recuperare quanto versato a titolo di imposta all'Erario, in seguito all'accertamento, solo attraverso gli strumenti civilistici, non potendosi invocare, a tal fine, la nota di variazione.

Non risulta possibile, quindi, operare attraverso la variazione in diminuzione dell'IVA, quando, successivamente all'esercizio (inutile) della rivalsa successiva, il credito del cedente non sia stato soddisfatto all'esito di una procedura infruttuosa, sia essa esecutiva o concorsuale (Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 49 del 19 gennaio 2021).


22/01/21