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Morte e (ri)nascita del mercato della comunicazione

- Rita Palumbo, Amministratore di Wip Consulting

L’analisi si basa su dati forniti dal Servizio Studi e Statistica Camera di Commercio di Milano su Registro Imprese, in un arco temporale che va dal 1 gennaio 2011 al 31 dicembre 2015. Dall’elaborazione emerge una situazione di stagnazione: il mercato della comunicazione in Italia è rappresentato da poco più di 27mila imprese, con una media di ricavi per anno che non supera gli 8 milioni di euro. In termini occupazionali, il trend è in crescita, ma si tratta di soggetti professionali individuali – quasi il 60% - che offrono servizi e consulenza in modo occasionale, rincorrendo incarichi che i committenti non valorizzano e che retribuiscono sempre meno e sempre peggio. 
Nei cinque anni presi in esame, sono state costrette a chiudere (non per azioni giudiziarie) 12.153 imprese. Sono state avviate 9.109 nuove attività (sono aumentate le imprese individuali o sono state rilevate piccole imprese da grandi gruppi). Sono scomparsi dal mercato definitivamente 3.044 operatori.
Uno dei dati più significativi riguarda le aziende che dichiarano di non avere addetti, che - in media - rappresentano quasi la metà di quelle che dichiarano di avere dipendenti a contratto. Lo scenario non è roseo: svalutazione del valore delle prestazioni professionali; aumento del numero degli addetti occasionali; ricavi in diminuzione; mortalità e (ri)nascita di nuove imprese per rimanere sul mercato con strutture agili, leggere, a bassi costi di gestione, che lavorano ‘a chiamata’. Il tutto a dispetto dello sviluppo strutturale del settore, della crescita sana dell’occupazione e della produzione di valore economico.
Siamo in un momento di svolta - e non solo per l’introduzione delle tecnologie digitali che stanno modificando profondamente i modelli di produzione delle imprese di comunicazione. Il settore denuncia elementi di grande debolezza economica e sistemica, che vanno affrontanti con urgenza e coerenza. Occorre fare rete tra imprese non solo per conquistare e mantenere quote di mercato, ma per produrre cultura della comunicazione, per creare valore economico ed associativo. Si tratta di una grande sfida che parte da Milano e dalla Lombardia, regione che ha mantenuto il primato in Italia, anche durante gli anni peggiori della crisi, per fatturati, numeri di imprese ed occupazione”.

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