• Facebook
  • Twitter
  • YouTube
  • Linkedin

Dipendente in smart working: il rimborso spese è deducibile ai fini IRES per la società

Una società ha chiesto chiarimenti sul corretto trattamento fiscale, sia ai fini IRES, per la società, sia ai fini IRPEF per il dipendente, del rimborso del costo della connessione internet, tramite la c.d. “chiavetta” oppure in abbonamento al servizio domestico, sostenuto dal dipendente e finalizzato a consentirgli di poter effettuare la prestazione lavorativa in modalità smart working.

Il rimborso è deducibile ai fini IRES (art. 95, co. 1, TUIR), in quanto assimilabile alle “spese per prestazioni di lavoro”, tenuto conto che l’attivazione della connessione internet rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita.

Per il trattamento ai fini IRPEF, in linea generale, in virtù del principio di onnicomprensività (art. 51, co. 1, TUIR), le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono reddito di lavoro dipendente.

I rimborsi possono essere esclusi da imposizione nel caso in cui riguardino spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro e anticipate dal dipendente per snellezza operativa, come, ad esempio, l’acquisto di beni strumentali di poco valore).

Sono, inoltre, escluse da imposizione le spese rimborsate al lavoratore in maniera forfetaria (art. 51, co. 4, TUIR).

Laddove, invece, il legislatore non abbia indicato un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Nella fattispecie in esame, i rimborsi concorrono alla formazione del reddito ai fini IRPEF per il dipendente, in quanto non supportati da elementi e parametri oggettivi e documentati.

Il rimborso non si riferisce solo alla spesa effettuata nell’esclusivo interesse del datore di lavoro e, inoltre, non è riscontrabile una relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore, il quale si limita solo a rimborsare i costi senza scegliere e stipulare il contratto relativo al traffico dati.

Infine, non emerge neanche l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo così al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili e offerte dalla tecnologia presente sul mercato.


25/05/21