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Giurisprudenza - Impugnabile la bolletta di liquidazione della TARI

La natura tassativa dell’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19, D. Lgs. n. 546/1992, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria; tale facoltà, tuttavia, non esclude l’onere di impugnare successivamente l’atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell’ente impositore, tanto che l’impugnazione dell’atto tipico fa venir meno l’interesse alla decisione sull’atto impugnato in via facoltativa (cfr. tra le altre Cass. nn. 22356/2020, 23469/2017).

La stessa Corte di cassazione, già con la sentenza n. 11481/2022, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento all’impugnazione della fattura commerciale, con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani aveva richiesto il pagamento della TIA, avendo il contribuente successivamente impugnato anche l’ingiunzione di pagamento che l’aveva sostituita.

La dottrina più recente ha enucleato le distinte categorie degli:

  • “atti facoltativamente impugnabili” che esprimono un’irreversibile determinazione della pretesa impositiva, seppure non rivestano ancora la forma autoritativa di uno degli atti tipizzati dall’art. 19, D. Lgs. n. 546/1992; perciò, la pretesa impositiva è sostanzialmente determinata, sebbene non ancora formalmente;
  • “atti necessariamente impugnabili” che sono riconducibili o assimilabili (in via di interpretazione estensiva, per affinità di portata e di funzione) all’elenco degli atti tipizzati dal citato art. 19; perciò, la pretesa impositiva è sostanzialmente e formalmente determinata.

Pertanto, il contribuente può opporsi dinanzi al giudice tributario, dapprima, all’atto facoltativamente impugnabile e, poi, all’atto necessariamente impugnabile, configurandosi il suo interesse ad agire non soltanto nel contestare l’atto suscettibile di divenire irretrattabile se non impugnato, bensì anche nell’impedire l’adozione di un tale provvedimento, che imporrebbe il ricorso al giudice tributario siccome riconducibile all’elenco contenuto nel citato art. 19, D. Lgs. n. 54619/92.

Tale eventualità, cioè l’impugnazione, dapprima, dell’atto impositivo atipico o a impugnazione facoltativa (come ad esempio la fattura) e, poi, dell’atto impositivo tipico o a impugnazione necessaria (ad es. l’ingiunzione di pagamento) comporta, in caso di contemporanea pendenza, che il giudizio relativo all’atto preliminare venga a perdere rilevanza, essendo prevalente e assorbente la cognizione sulla pretesa impositiva (per ogni aspetto dell’an, del quantum e del quomodo) nel giudizio relativo all’atto principale, anche se l’instaurazione sia successiva in ordine cronologico.

Di conseguenza, il contribuente ha l’onere di riproporre o proporre ex novo, non essendo vincolato dalle questioni dedotte nel precedente giudizio in questa sede i vizi sostanziali e procedurali ravvisati nell’esercizio del potere impositivo.

Peraltro, l’emanazione di atti impositivi atipici non incide sulla sequenza procedimentale dell’accertamento e della riscossione del tributo, per cui la funzione dell’atto principale non è alterata dall’eventuale emanazione dell’atto preliminare.

Ne deriva, quindi, che la fattura non muta la causa tipica della cartella o dell’ingiunzione di pagamento, che il contribuente ha, sempre e, comunque, l’onere di impugnare per contestare la pretesa tributaria.

Nella fattispecie in esame, la bolletta TARI è atto direttamente impugnabile di fronte alla C.T. Prov. ancor prima che scada e senza la necessità di un preventivo accertamento da parte del Comune; ciò in quanto contiene una pretesa impositiva esaustiva. (Corte di Cassazione ordinanza n. 1797 del 20 gennaio 2023).


07/02/23