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Giurisprudenza - Migliorie su beni di terzi - Detraibilità - Spettanza del rimborso IVA

Con riferimento agli interventi eseguiti su immobili di terzi, dei quali si abbia la detenzione, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta è ormai consolidato (sentenza SS.UU. n. 11533/2018).

Per la richiesta di rimborso dell’IVA detraibile relativa ai citati interventi, all’interno della stessa Suprema Corte si è formato un duplice orientamento, per dirimere il quale è stata necessaria la valutazione delle Sezioni Unite (ordinanza n. 14975/2023).

Con la sentenza n. 13162 di ieri, i giudici di legittimità prendono posizione formulando il seguente principio di diritto: “L’esercente attività d’impresa o professionale ha diritto al rimborso dell’IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l’attività svolta”.

Esaminando le principali pronunce, si precisa che:

  • da un lato, si faceva riferimento al principio di neutralità dell’IVA, il quale non può condurre a distinzioni tra il diritto alla detrazione e il diritto al rimborso, essendo equivalenti i presupposti che li legittimano (es. Cass. n. 27813/2022, Cass. n. 8389/2013);
  • dall’altro, si rilevava l’eccezionalità dell’istituto del rimborso, soggetto a previsioni normative più restrittive quanto alle modalità di esercizio del diritto alla detrazione (es. Cass. n. 24518/2020, Cass. n. 24779/2015).

Il problema interpretativo consiste nel comprendere se la normativa unionale consenta al legislatore nazionale di differenziare il trattamento giuridico della detrazione da quello del rimborso in termini sostanziali ovvero solo procedimentali.

A tal fine, l’art. 183 § 1 della direttiva 2006/112/Ce dispone che “qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite”.

La disposizione è interpretata dalle Sezioni Unite nel senso dell’“equivalenza dei presupposti della detrazione e del rimborso dell’IVA”, poiché la norma possiede valenza meramente procedimentale e non sostanziale, limitandosi a riconoscere agli Stati membri la facoltà di definire le “modalità” di rimborso dell’imposta.

Le condizioni sostanziali del diritto alla detrazione e al rimborso sono individuate negli artt. 167 e ss. della citata direttiva, mentre gli artt. 178 ss. disciplinano le modalità di esercizio di tali diritti.

Nelle pronunce in cui la Cassazione ha negato il rimborso è stato valorizzato il dato letterale dell’art. 30, co., 2 lett. C,) D.P.R. n. 633/1972, ove si fa riferimento ai termini “acquisto” e “beni ammortizzabili”.

Il diritto al rimborso veniva negato per i beni acquisiti secondo un titolo diverso dal diritto di proprietà e per i beni non iscrivibili in bilancio tra le immobilizzazioni, ancorché strumentali all’esercizio dell’attività.

L’interpretazione che, invece, riconosceva il diritto al rimborso, valorizzava il principio unionale di neutralità dell’imposta, riferendosi con la nozione di “acquisto” alla mera disponibilità del bene e con la nozione di “bene ammortizzabile” alla sua durevolezza e utilità pluriennale, al di là del mero tenore letterale del citato art. 30.

In definitiva, aderendo al secondo indirizzo, le Sezioni Unite affermano i seguenti principi:

  • fermo restando l’obbligo per il giudice nazionale di fornire un’interpretazione conforme delle disposizioni, la questione è risolta sulla base della disciplina unionale, fondata sul principio di neutralità, in virtù del quale vi è una “totale equiparazione di detrazione e rimborso”;
  • la normativa interna (art. 30, co. 2, lett. c,) D.P.R. n. 633/1972) non può essere interpretata limitandosi al tenore letterale (“acquisto [...] di beni ammortizzabili”), ma deve essere riconosciuto il significato di “disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo”.

Pertanto, rientra tra le fattispecie ammesse al rimborso anche l’acquisizione del bene mediante un titolo diverso dalla proprietà o da un diritto reale, come nel caso di un contratto di locazione o comodato, ferma restando la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (presupposto generale della detraibilità IVA ex art. 19, co. 1, D.P.R. n. 633/1972).

In merito alla nozione di “bene ammortizzabile”, le Sezioni Unite sanciscono che tale concetto “non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102 e 103 del TUIR)”, né secondo “le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili”.

(Sentenza SS.UU. della Corte di Cassazione n.13162 del 14 maggio 2024)


16/05/24