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Reverse charge: per le cessioni di prodotti elettronici è dovuta l’inversione contabile se la vendita non è al dettaglio

Come noto, il reverse charge (o inversione contabile) è uno speciale meccanismo tale per cui, in deroga alle regole ordinarie del sistema dell'IVA, il debitore d'imposta è il cessionario o committente dell'operazione.

Quest'ultimo soggetto è tenuto ad assolvere gli obblighi che sorgono ai fini impositivi.

L’obbligo di fatturazione è assolto secondo le due diverse modalità dell'integrazione della fattura ricevuta e dell'emissione di autofattura.

Il versamento dell'imposta, in genere, non è dovuto, poiché si procede a una doppia registrazione della fattura di acquisto debitamente integrata o dell'autofattura sia nel registro delle vendite che nel registro degli acquisti.

Pertanto, nel caso in cui la doppia registrazione sia contestuale e si goda di un pieno diritto alla detrazione, l'importo dell'IVA a debito è neutralizzato dall'importo dell'IVA a credito e, di fatto, non si ha alcun esborso monetario.

Il reverse charge è applicabile sino al 30 giugno 2022 in quanto misura di deroga rispetto alla direttiva IVA.

Per console da gioco, tablet PC e laptop, nonché per i dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, il reverse charge si applica alle sole cessioni effettuate prima della installazione in prodotti destinati al consumatore finale.

La ratio della descritta limitazione risiede nella frequenza delle operazioni che caratterizza l’attività di commercio al dettaglio e che è tale da rendere particolarmente onerosa l’applicazione dell’inversione contabile.

Nella fattispecie in esame, una società vende prodotti come tablet, laptop e console da gioco a soggetti “rivenditori”, i quali, all’atto dell’acquisto, sono soliti comunicare al fornitore che il bene è acquistato per finalità differenti dalla successiva rivendita (ad esempio, per l’uso come beni strumentali).

A tal scopo, fornivano alla società cedente una specifica dichiarazione di utilizzo del bene.

L’Agenzia delle Entrate conferma l’applicabilità del reverse charge nel caso in esame, considerando irrilevante la richiesta dei cessionari e l’utilizzo che questi ultimi faranno dei beni acquistati.

Il fornitore non è tenuto a verificare le future intenzioni del proprio cessionario in merito alla successiva rivendita o meno del prodotto.

Sono esclusi dalla speciale disciplina le cessioni dei prodotti connessi, come ad esempio cavi, adattatori, monitor e “port replicator”; già in precedenza, era stato chiarito che il reverse charge non si applica alle cessioni dei componenti ed accessori, con riferimento ai telefoni cellulari (art. 17, co. 6, lett. b), D.P.R. n. 633/1972, vedi ris. AE n. 36/2011).

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha confermato la propria tesi in merito all’obbligo di identificazione del cessionario, qualora non stabilito ai fini IVA in Italia (vedi risposta AE n. 11/2020; ris. AE n. 28/2012).

Nell’ipotesi in cui i beni in esame (individuati dall’art. 17, co. 6, lett. c), D.P.R. n. 633/1972) siano ceduti nel territorio dello Stato a un soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione in Italia, il debitore dell’imposta è comunque individuato nel cessionario (Risposta dell’Agenzia delle entrate n. 643 del 1° ottobre 2021).


07/10/21