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Società non operativa con immobile svalutato – Mancato superamento del “Test di operatività”

Come noto è previsto uno specifico regime di tassazione per le c.d. ''società non operative'' (art. 30 della Legge n. 724/94 e successive modifiche ed integrazioni).

In particolare, le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operative se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore ai ricavi minimi presunti, stimati mediante il c.d. “test di operatività”.

Le società non operative sono tenute a dichiarare un reddito minimo presunto, quantificato applicando ai valori di determinati beni posseduti nell'esercizio, le percentuali forfetarie previste dal predetto art. 30, co. 3, L. n. 724/94.

A fronte del mancato superamento del test di non operatività, grava sul contribuente l'onere di fornire la prova contraria circa l’esistenza di situazioni di carattere straordinario, specifiche e indipendenti dalla sua volontà che hanno impedito il raggiungimento dei ricavi minimi e di reddito minimo presunti.

Tanto premesso, nell’ambito dell’istanza di interpello probatorio, una società immobiliare intende dimostrare l'esistenza di oggettive situazioni da cui scaturirebbero conseguenze obiettivamente riscontrabili, non suscettibili di valutazioni soggettive, che avrebbero reso impossibile conseguire ricavi, incrementi di rimanenze, proventi (ordinari) e un reddito nelle misure minime previste.

Con la risposta in esame, l’Agenzia delle Entrate ha negato la disapplicazione della disciplina delle società non operative in relazione alla suddetta società immobiliare che, con riferimento al periodo di imposta non solare 2021-2022, non aveva superato il test dei ricavi.

La prima questione attiene al valore dell’immobile da assumere ai fini dell’applicazione delle percentuali di Legge. La società evidenzia come l’assunzione del costo fiscalmente riconosciuto di cui all’art. 110, co. 1 del TUIR, normativamente prevista, comporti un risultato irrealistico se confrontato con il valore di mercato derivante dalla perizia di stima.

L’Agenzia delle Entrate esclude la bontà di tale argomentazione, ritenendo necessario dimostrare come il minor valore di mercato abbia influito sull’inattendibilità dei ricavi minimi.

È ritenuta inoltre insufficiente, ai fini della disapplicazione delle penalizzazioni, la motivazione legata alla sussistenza di condizioni di mercato sfavorevoli; la società non aveva infatti prodotto la documentazione idonea a provare l’asserita crisi, le sue connotazioni (cronologiche, territoriali e dimensionali) e i riflessi in concreto avuti sulla società.

Avendo riguardo poi alla crisi pandemica che avrebbe impedito di locare le unità immobiliari libere, l’Amministrazione finanziaria evidenzia come queste ultime si trovassero allo stato rustico e non fossero state mai locate fin dalla loro costruzione.

Per quanto concerne, invece, l’impossibilità di modificare i canoni delle unità locate, è stato osservato come tale argomentazione riguarda il caso, diverso da quello in esame, in cui una società subentra in un contratto di locazione, con la conseguenza che il canone pattuito non è riconducibile alla volontà del contribuente subentrante.

Non è stata, infine, dimostrata l’impossibilità di praticare canoni di locazione sufficienti a superare il test, ovvero, almeno pari a quello di mercato secondo quanto determinato con le quotazioni OMI.

(Risposta dell’Agenzia delle Entrate n 53 del 27 febbraio 2024)


04/03/24