Svalutazione crediti di modesto importo – Deducibilità
Come noto, ai sensi dell'art. 101, co. 5, TUIR, in caso di debitori non assoggettati a procedure concorsuali, le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.
Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando, alternativamente:
il credito è di modesta entità ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento (cd. “mini crediti”).
1. il credito è di modesta entità ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza del pagamento (cd. “mini crediti”).
Si considerano di modesta entità i crediti di importo non superiore a:
a. 5.000 euro, per le imprese di più rilevanti dimensioni, cioè quelle che hanno conseguito un volume d’affari o ricavi non inferiore a 100.000.000 di euro;
b. 2.500 euro, per le altre imprese.
2. il diritto alla riscossione del credito è prescritto;
3. i crediti sono cancellati dal bilancio in applicazione dei principi contabili.
Con riferimento al rispetto del principio di competenza, è stato precisato che il termine di sei mesi previsto dalla norma per i crediti di modesta entità rappresenta il momento a partire dal quale la perdita può essere fiscalmente dedotta, nel rispetto del principio di previa imputazione considerato realizzato anche nel caso in cui a conto economico confluisca il costo a titolo di svalutazione e la stessa non sia stata dedotta fiscalmente (Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 26/2013).
È stato altresì precisato che nel caso di svalutazioni effettuate "per masse", in cui non risulta possibile individuare la parte di svalutazione cumulativa riferibile ai crediti di modesto importo, la perdita su crediti deve essere integralmente imputata all'intero ammontare delle svalutazioni operate.
L’art. 13, co. 3, D.lgs. n. 147/2015 ha stabilito che le svalutazioni contabili dei crediti di modesta entità deducibili a decorrere dai periodi di imposta in cui sussistono elementi certi e precisi ed eventualmente non dedotte in tali periodi, sono deducibili nell'esercizio in cui si provvede alla cancellazione del credito dal bilancio in applicazione dei principi contabili.
La mancata deduzione in tutto o in parte come perdite fiscali delle svalutazioni contabili dei crediti, nell'esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione, non costituisce violazione del principio di competenza fiscale, sempreché detta deduzione avvenga non oltre il periodo d'imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.
Pertanto, compete all'impresa creditrice la scelta circa l'esercizio in cui portare in deduzione la relativa perdita e la determinazione del rispettivo ammontare, una volta soddisfatti i requisiti minimi richiesti per ammetterne la rilevanza fiscale: in presenza di svalutazioni contabili analitiche o forfetarie, la deduzione del componente negativo divenuto fiscalmente rilevante non opera in modo automatico, ma è dunque rimessa all'impresa creditrice con l'unico limite rappresentato dal periodo d'imposta nel corso del quale il credito viene cancellato dal bilancio.
Ciò posto, laddove i cd. “mini crediti” siano stati interamente svalutati e le svalutazioni siano state dedotte a titolo di perdita prima della loro cancellazione dal bilancio, l’utilizzo del fondo svalutazione afferente ai medesimi crediti, all’atto della loro eliminazione dal bilancio, sarà fiscalmente irrilevante.
Inoltre, se prima della cancellazione dal bilancio, i cd. “mini crediti”, la cui svalutazione è stata dedotta come perdita, vengono incassati in tutto in parte, si produce una sopravvenienza attiva fiscalmente rilevante pari all’importo riscosso.
18/05/21