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Smart working

I dati d’aggiornamento dell’osservatorio economico di Asseprim realizzato con Format Research

 

 Imprese dei servizi professionali, Asseprim Focus:
smart working, un’azienda su due
continua a utilizzarlo dopo la pandemia

Il presidente di Asseprim Umberto Bellini: “Si riducono i costi, ma aumentano le difficoltà di gestione”

Circa tre imprese su quattro hanno adottato lo smart working in piena epoca Covid. Il 62% continua a farlo anche in questo periodo più post-Covid. È quanto emerge dai dati d’aggiornamento di Asseprim Focus, l’Osservatorio economico dei servizi professionali all'impresa realizzato da Asseprim (la Federazione nazionale Confcommercio dei servizi professionali per le imprese) con Format Research, secondo cui un’impresa su due, tra quelle che hanno iniziato ad utilizzare lo smartworking durante la crisi sanitaria, ha continuato ad usufruirne anche dopo l’emergenza.

“Negli ultimi due anni, quasi il 70% delle nostre imprese ha fatto ricorso al lavoro a distanza" - commenta Umberto Bellini, presidente di Asseprim - "Nel rapporto, la maggioranza delle aziende indica la riduzione dei costi fissi aziendali, di manutenzione e dei locali come principali vantaggi derivanti dall’adozione dello smart working. Tuttavia, tra gli svantaggi elencati, le aziende riscontrano una maggiore difficoltà nella gestione dei collaboratori, nel controllo dei loro tempi di lavoro e un rallentamento dei ritmi di apprendimento dei più giovani”.

 

 

Il 31% delle imprese dei servizi – emerge nella seconda parte del report Asseprim Focus – si è attivata per la ricerca di nuovo personale. Di queste, il 58% ha riscontrato difficoltà nel reclutamento, superiori a quelle riscontrate nel periodo pre-Covid. Tra le ragioni delle difficoltà di reclutamento, la principale viene identificata nella mancanza di personale con le competenze, le abilità o le esperienze richieste (secondo l’84% del campione intervistato).

Altri fattori determinanti sono la concorrenza delle altre imprese nella ricerca della stessa posizione (43%) e il livello di retribuzione (35%), ritenuto a volte insufficiente dai candidati.

“Alla luce di quanto emerso dalla ricerca in tema di lavoro e organizzazione aziendale, sarà necessario trovare un giusto equilibrio tra aziende e territorio, cercando di comprendere, mediante un’analisi costi e opportunità, quando il lavoro a distanza possa rappresentare un benefit per attrarre talenti e quando invece sia da preferire la presenza in sede” conclude Bellini.